Non più disponibile

I colloqui dei dodici. Bernardino De Sahagún. Sellerio, 1991.

Descrizione

Sellerio (La memoria 225.); 1991; 883891494x ; Copertina flessibile con risvolti ; 16,5 x 12 cm; pp. 112; Traduzione di Sonia Piloto Di Castri. Titolo originale: Coloquios de los Doce. Nota di Vittoria Martinetto. Prima edizione nella collana; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi ( imperfezioni al dorso e bordi), interno senza scritte; Buono, (come da foto). ; «Sappiamo che i vostri antenati vi hanno tramandato grandi errori; tutto quello che vi hanno detto è menzogna, vanità, finzione: ma le cose che noi vi abbiamo detto sono tutte parole di Dio». «Non comprendiamo né siamo disposti a dar credito a quello che, in merito ai nostri dei, ci avete detto. Tutti noi proviamo uno stesso dolore. Ma i nostri dei e quanto spetta loro, no, non dovete toglierceli. Preferiamo morire piuttosto che abbandonare il loro culto». Con cedola reale del 22 aprile del 1577, Filippo II vietava ogni compendio dell’opera monumentale di Bernardino de Sahagún, la Storia generale delle cose della Nuova Spagna, e ogni altro scritto concernente la memoria del Messico antico. Un genocidio culturale per decreto il cui preciso movente è difficile individuare se nell’estensione meccanica di pratiche inquisitoriali allora dominanti o nell’intuizione del significato dell’opera. Così come è impossibile stabilire se fosse voluta avversione all’oppressione più estrema, o vocazione antiquaria, quello che spinse il francescano Bernardino al primo sapiente lavoro etnologico su di un popolo sul ciglio dell’annientamento. Di quel decreto, I colloqui dei Dodici furono vittima immediata: l’unica copia a noi giunta emerse dagli archivi segreti vaticani nel 1920. Vi si narra, anzi: si fa fedele verbale datato 1564 di una concisa tragedia cui Bernardino pressoché assistette, del contraddittorio sul nuovo Dio e la nuova religione tra dodici francescani appositamente venuti dalla Spagna, da una parte e, dall’altra, un numero di dotti e dignitari del popolo azteco appena assoggettato. Teatro della memoria, testimonianza di un’immane conversione, unica nella storia: e questo basta a dirne l’importanza etnografica. Ma, a dirne l’intensità emozionale: per la prima e ultima volta parlano gli aztechi con la loro vera voce. E la struggente ambiguità che si sente a leggerli, lascia il bel dubbio che si tratti di un capitolo cosciente della lotta della memoria, contro la parte oscura dell’oblio. ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.