Descrizione
Rizzoli ; 1974; Noisbn ; Copertina flessibile ; 22 x 14 cm; pp. 390; Testo raccolto da G. Belmont. Traduzione di A. Donaudy. Prima edizione. Fotografie b/n fuori testo. ; segni d’uso alla copertina, interno con rarissime sottolineature a matita. Due piccoli timbri di proprietà alle prime due pagine; Buono (come da foto). ; A ottantadue anni, dopo mezzo secolo, una donna ha infranto la consegna che s’era imposta il silenzio per darci, finalmente, un Proust vivo, intimo, umano e letterariamente disadorno. Questa donna è Céleste Albaret, che per nove anni, gli ultimi della vita dello scrittore, quelli in cui egli compì la maggior parte della Recherche, gli visse accanto non solo come governante fedele ma anche e soprattutto come collaboratrice preziosa, lei che di letteratura non sapeva nulla, e inconsapevolmente eroica: reclusa volontaria nella stessa prigione che Proust, malato cronico e incalzato dal tempo, s’era fabbricato per portare a termine la sua opera Ma non è tutto. In questo libro, frugando proustianamente nella propria memoria, ripercorrendo a ritroso ciò che ella chiama tutt’una vita, Céleste Albaret racconta un racconto, ripete cioè Marcel Proust che racconta di sé, della propria infanzia, della propria giovinezza, del proprio mondo e di quella società che ha rappresentato nella Recherche osservandone il declino e presagendone la fine. Céleste Albaret è insomma, in quegli anni, l’interlocutrice, l’unica interlocutrice di Proust. Ciò che egli dice, ciò che egli fa si fissa per sempre nella memoria di lei, che finisce pertanto col vivere, nel profondo del suo io, quella vita che egli le dispiega dinanzi come una rappresentazione e che a lei, ingenua ragazza di campagna, appare come una fantasmagoria. Ma perché dunque un cosi lungo silenzio? Modestia, umiltà e, anche, come un senso di gelosia: un voler rivivere solo dentro di sé il suo Proust. Poi, a poco a poco, le false interpretazioni, i pettegolezzi ad arte e, peggio, le menzogne la inducono la costringono, si potrebbe dire – a parlare, E parla, non scrive. In settanta ore di conversazioni con Georges Belmont, Céleste Albaret ci dà questo libro parlato, e da Belmont fedelmente trascritto, in termini di sconcertante semplicità e disinvoltura, senza mal contraddirsi, senza mai esitare, senza ripensamenti o pentimenti franca, libera, spiccia, com’è nella sua natura e come Proust aveva, fin dai primi tempi, compreso. Il che sottintende ed è un pregio d’eccezione l’assoluta mancanza di propositi agiografici o, comunque, di prese di posizione a tutto vantaggio del personaggio Proust ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.