Al confino del mito. Cesare Pavese e la Calabria. Giovanni Carteri. Rubbettino, 1991.

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Descrizione

Rubbettino (collana No.); 1991; 8872840031; Copertina flessibile con risvolti ; 00,5 x 00,5 cm; pp. 102; Firma dell’autore alla prima pagina bianca. Prima edizione. Numerose fotografie b/n nel testo e fuori testo. Prefazione L. Mondo; leggeri segni d’uso alla copertina, interno buono; Buono (come da foto). ; Nell’opera di Cesare Pavese c’è un capitolo «calabrese» di per sé ragguardevole, che fa ancora più macchia quando si pensi al legame amniotico che lo scrittore conservò fino alla fine dei suoi giorni con il Piemonte nativo. Certo, all’origine c’è un fatto biografico, il confino di polizia trascorso a Bran-caleone, sulla costa ionica. Là il riluttante Pavese si scontra con la storia e subisce nello stesso tempo il trauma di una delusa passione d’amore (il «tradimento» di Tina, la donna rimasta a Torino). Ma conta il fatto che egli abbia saputo appropriarsi sul piano creativo di uomini, paesaggi, situazioni appartenenti a un mondo in apparenza alieno. L’esperienza del confino occupa una sezione importante delle poesie di Lavorare stanca e ispira un quaderno dell’epistolario che per la sua ricchezza e qualità meriterebbe di essere apprezzato come un’opera compiuta. Di più, quando passerà alla prosa, Pavese si rifarà proprio alla Calabria di quei giorni; Terra d’esilio apre la raccolta completa dei suoi racconti e Il carcere, anche se tenuto a lungo nel cassetto, inaugura la stagione dei suoi romanzi. Vien voglia di capire perché non abbia pubblicato subito un lavoro così rifinito, che quando usci nel 1948 lasciò increduli sulla sua datazione così alta (era stato scritto infatti nel 1938-39). ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.

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Peso 1 kg