Descrizione
Rizzoli (L’ornitorinco); 1980; Noisbn ; Rilegato con sovracoperta; 22 x 14,5 cm; pp. 260; Prima edizione. Volume riccamente illustrato b./n. ; leggeri segni d’uso alla copertina, interno ottimo; Buono (come da foto). ; Chi va per piante, ad essere esatti dovrebbe essere chiamato un cercatore. Ma i personaggi che incontriamo in que ste duecento e passa paginette, che coprono 3450 anni di storia e il globo terracqueo tutto quanto, con i suoi mari, i suoi monti, fiumi, foreste, deserti, chiamarli semplicemente cercatori, sarebbe far loro torto e un grave errore: perché di veri e propri cacciatori si tratta, tra i più monomaniaci, per cui la Preda prende prepotentemente il posto di ogni altra cosa: affetti, piaceri, ricchezze, onori e quante mai altre cose possono attrarre in questo mondo un comune mortale, con l’ossessività e la caparbietà del Capitano Achab, la pazienza, resistenza, impermeabilità di Siddharta, l’irrequietudine e l’insaziabilità di Don Giovanni. Monomaniaci e solitari, come il reverendo John Ray, che “sublimemete” indifferente ai movimenti delle truppe, ai rischi rappresentati da disertori e ladroni, percorreva tutto solo, a piedi o a cavallo, i suoi itinerari botanici durante la Guerra Civile in Inghilterra; o il capitano William Dampier, idrografo, navigatore, scrittore e capo di una ciurma di pirati che «col suo corredo di strumenti da collezionista a portata di mano come il coltellaccio, e la sua disposizione a fermarsi ad osservare una pianta mentre s’avviava ad incendiare un villaggio o dissacrare una chiesa, è il prototipo ro- manzesco dei molti “cattivi” da romanzo, dei tagliagola con un debole per le porcellane antiche o dei torturatori rispettosissimi dei rituali domestici e familiari». O come tutti quelli che seguono: John Bartram di Filadelfia, che cacciò piante per quarant’anni nelle colonie meridionali del Nordamerica tra gli indiani in terre incognite, o il discepolo di Linneo, Philip de Commerson che non esitava a scalare vette ritenute inaccessibili, pronto sempre a mettere a repentaglio la vita per il miraggio di una pianta sconosciuta, che considerava suo inoppugnabile diritto saccheggiare i giardini degli amici e conoscenti e della stessa università; e che, come in una commedia shakespeariana, si portó seco nella spedizione del signore di Bougainville, la propria amante, sotto mentite spoglie maschili; o Philip von Siebold che grazie alle sue capacità di oculista riusci ad accattivarsi la difficile fiducia dei giapponesi (e ad arricchire i nostri giardini di centinaia di piante); o il ceco Benedict Roezl, il cacciatore di orchidee, catturato dai banditi diciassette volte e che ebbe salva la vita per esser stato creduto lui, col suo carico di erbacce superstiziosamente dai malviventi un folle; fino ai più vicini a noi, ma non meno avventurosi, ufficiali-botanici o botanici-spie, come preferite, dello zar Alessandro; al professore americano di cinese Joseph Rock, al dandy che partivano per le foreste brasiliane con l’equipaggiamento di un principe, a Franck Kingdon Ward, a George Forrest. Non era una impresa facile, quella dell’autore, di stipare più di tre millenni di storia e una così folta schiera di personalità eccentriche in uno spazio, per tanta materia, assai angusto: il rischio dell’arido sommario era il più prevedibile. Ma Tyler Whittle, che si definisce “un cacciatore di piante da poltrona”, non per questo è meno eccentrico e originale dei suoi personaggi, e i suoi racconti perché ogni capitolo costituisce quasi un racconto di per sé sono tutti coloratamente pervasi dei suoi risentimenti e delle sue idiosincrasie, di un senso dell’umorismo spontaneo e capillarmente diffuso, e soprattutto di una passione sempre fresca: il che si traduce in una scrittura che trasporta il lettore attraverso i secoli tanto allegramente verso il traguardo che questo giunge, quasi senza avvedersene, ai piedi della parola fine con rammarico. ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.