Descrizione
Fogola (La Torre d’avorio.); 1986; Noisbn; Copertina flessibile con risvolti; 20,5 x 12,5 cm; pp. 278, 322; Edizione pratica a cura di Piero Buscaroli con prefazione di Mario Praz. Volume illustrato in b./n. ; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi (piccole imperfezioni), interno ottimo; Buono, (come da foto). ; L’antica parola Iconologia, nel nuovo senso di un’indagine sistematica sui contenuti simbolici delle arti figurative, apparve in uno scritto di Aby Warburg del 1912: la nuova disciplina venne infatti battezzata the Warburgian method, anche se ebbe il suo pioniere in Émile Mâle e il suo legislatore in Erwin Panofsky. Da quando fu riannodata, nei primi decenni del Novecento, la tradizione iconologica si rivolse all’indietro in un impetuoso corto circuito a ritroso su tutti i secoli passati della storia dell’arte. Per lei risorgevano linguaggi dimenticati, leggende sepolte: i creduti segreti, gli apparenti misteri, le denigrate stravaganze si denudavano dei loro veli e parlano in chiaro. L’incomprensibile diveniva limpido; l’assurdo, il bizzarro, routine figurativa. Rachele e Lea, che Michelangelo aveva scolpito accanto al Mosè quali simboli della vita attiva e della vita contemplativa, erano parse a Burchkardt “parti di una tipologia medioevale, in sé assurda” perché egli si trovava ormai fuori della tradizione interrotta, mentre un esponente centrale di quella tradizione, Cesare Ripa, vi aveva trovato la placida ratifica di modelli tramandati. “Col Ripa alla mano, si può spiegare la maggior parte delle allegorie che ornano i palazzi e le chiese di Roma”, scrisse Émile Mâle. E non solo di Roma. Il Ripa fu, per due secoli interi, la Bibbia dei pittori, ai quali era specialmente destinato, ma anche degli scultori, degli architetti di giardini, degli scenografi di teatro. Ai tempi in cui Tiepolo dipinge l’immensa volta di Würzburg, la sua autorità regnava ancora intatta. L’idea di pubblicare un’edizione pratica del Ripa, la prima dopo il secolo XVIII, col testo scorciato e l’intero apparato delle xilografie, derivate, secondo la tradizione, da disegni del Cavalier d’Arpino, trovò immediatamente consenziente Mario Praz, il maggior autore italiano di concettismo ed emblematica, che il saggio « La tradizione iconologica » qui pubblicato scrisse come prefazione al nostro volume.. ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.