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Il libro degli amici. Hofmannsthal Hugo von. Adelphi, 1980.

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Descrizione

Adelphi (Biblioteca Adelphi 100); 1980; Noisbn ; brossura con risvolti; 22 x 14 cm; pp. 124; Prima edizione. A cura di Gabriella Bemporad ; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi (senza mancanze nè lacerazioni), interno senza scritte; Buono, (come da foto). ; “Quando Hofmannsthal, nel 1922, pubblicò la prima edizione di questo libro, forse ricordava le parole con cui Goethe aveva annunciato quella sua opera che dapprima voleva intitolare Libro degli amici e poi divenne il Divano occidentale-orientale: «Il Libro degli amici contiene serene parole di amore e simpatia che in certe circostanze vengono offerte a persone amate e stimate, solitamente al modo persiano con i margini arabescati d’oro». Il primo carattere di questo libro è dunque quello del dono rivolto a persone affini, e in quanto tale viene qui presentato come numero 100 della Biblioteca Adelphi. Ma, oltre che rivolto agli amici, questo libro è stato anche in certo modo scritto da amici. Mescolando suoi pensieri e riflessioni a quelli di autori celebri e antichi o anche assai meno noti e contemporanei, Hofmannsthal è riuscito a creare un singolare slittamento: prima ancora che se stessi, quei nomi indicano le voci che partecipano a una inesauribile conversazione. E anche dietro alla voce dell’autore sembrano celarsi quelle di molti altri, che grazie a lui parlano in incognito. Col gesto di un sovrano discreto e pressoché invisibile, Hofmannsthal si preoccupa qui di fissare uno spazio più che di riempirlo: prepara ai pensieri un paradiso, nel senso iranico di «giardino cintato». Così le riflessioni che allinea non hanno mai la solennità e l’autosufficienza delle massime, ma si intessono l’una all’altra come una molteplicità di voci che si rispondono. E il tutto assume un’autorità più inafferrabile, che accetta di abbandonarsi alla fuggevolezza della parola detta e perduta. Molti di questi frammenti sono tratti da memorie, lettere, diari – e più che a un comune modo di pensare sembrano riferirsi a una qualche esperienza di vita che i vari parlanti, il cui volto è spesso in ombra, avrebbero in comune. Non sarà Hofmannsthal, nemico dell’esplicito, a precisare che cosa tiene insieme queste voci: ma sarà ogni lettore attento ad accorgersi che lo spazio disegnato da questo libro è quello stesso di una cultura occidentale che fosse arrivata a insegnare a se stessa, in senso metafisico, le buone maniere. Delle quali sarebbe il primo precetto, in rapporto ai pensieri, quello che qui viene accennato: «La profondità va nascosta. Dove? Alla superficie».” L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.

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