Descrizione
Feltrinelli (Impronte); 1984; 8807050161 ; Copertina flessibile con risvolti ; 19,5 x 12,5 cm; pp. 108; Traduzione di A. Prete. Prima edizione. ; leggeri segni d’uso alla copertina, interno con rare sottolineature a matita; Buono (come da foto). ; Con Il libro della sovversione non sospetta Jabès rimedita l’avventura stessa della scrittura, dopo che con Il libro delle interrogazioni e ll libro delle somiglianze ha fatto dell’erranza una scrittura, del deserto un’interrogazione sul silenzio e sulla parola, della condizione di ebreo un incessante rapporto – di cancellazione e di ritrovamento, di frammentazione e perdita – col Libro. Il Libro, sola patria dell’ebreo, qui prende forma nel momento in cui scompare, come una traccia intravista sotto la sabbia. Scrivere è riconoscere il silenzio come ritmo della parola, la solitudine come orizzonte del dialogo, l’oblio- figura costitutiva del tempo e della memoria – come sorgente del pensiero. Scrivere è lasciare che l’impensato sfidi il pensiero e lo sovverta. La sovversione di cui si parla è l’atto stesso della scrittura, inteso come cammino tra le immagini provenienti da altri libri e dal primo libro, il Libro sacro, che e il libro perduto, il libro mai compiuto. La sovversione è silenziosa, sotterranea, quotidiana. “Sapevo, fino ad oggi”, si chiede l’autore presentando, com’è sua consuetudine, il libro al lettore, “che aprire e chiudere gli occhi, distendersi, muoversi, pensare, sognare, parlare, tacere, scrivere, leggere, sono gesti e manifestazioni della sovversione, per il fatto che la veglia sopraggiunge a sconvolgere l’ordine del sonno, il pensiero s’accanisce sul niente per riuscire a dominarlo, la parola col suo dispiegarsi infrange il silenzio, e la lettura mette lo scritto, frase dopo frase, sotto inchiesta?” E aggiunge: “In ogni momento la vita prende posizione contro la morte, il il pensiero contro l’impensato, il libro che si va scrivendo contro il libro già scritto.” Come ogni libro di Jabès, anche questo procede per frammenti, illuminazioni, improvviso accamparsi di voci perdute di rabbini – di maestri, di personaggi interiori-, voci che compongono, cancellano e tornano a pronunciare sempre una domanda che non s’acquieta in nessuna risposta, una domanda che insegue una parola più silenziosa del silenzio, un nome più proprio d’ogni nome proprio, un luogo piu illuminato del deserto. ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.