Descrizione
Rizzoli (La Scala); 2000 ; 9788804482178 ; Rilegato con titoli al dorso e sovracoperta ; 22,5 x 14,5 cm; pp. 511; Prima edizione. ; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi (senza mancanze nè lacerazioni), interno senza scritte, volume lievemente brunito; Buono (come da foto). ; Esiste un filo che lega, in questa sorprendente galleria di ritratti, tratti, l’avventuroso l’avventuroso Robinson e la lunare Jane Austen, l’abissale De Quincey, l’infernale Vautrin e l’enfant terrible P nocchio, il nevrotico Manzoni e il tetro Verga, gli occhi di Emma Bovary e i cavalli di Leskov, i nagatampo di Salgari e le bambine di Lewis Carroll? Si, esiste. Non si tratta soltanto di un genere letterario al suo apice o di un secolo di meravigliosi e forsennati cambiamenti: è l’occhio di Pietro Citati. La sua capacità di vedere senza le lenti deformanti delle ideologie né punti di vista costrittivi; la sua passione per le sfide della mente e le superfici dell’esistenza; il suo dono di lasciarsi abitare dalla moltitudine di volti e di voci che si affollano in ogni scrittore, e si riverberano nella loro opera, “riflessi di riflessi, echi di echi”. Pietro Citati non riesce a parlare di questi uomini senza darci un giudizio penetrante sui loro libri, ma non può parlare dei loro libri senza evocare la loro presenza, i gesti, le manie, le ingombranti e vitali contraddizioni: lo spirito di fuga di Defoe, che si spinge in mare aperto con il suo personaggio a incontrare il volto oscuro di Dio; il “bel frac e la cravatta alta e gonfia” di Potocki, che non potendo più conversare nei suoi salotti spazzati dalla Rivoluzione, si inabissa nei caleidoscopici “doppi” del Manoscritto trovato a Saragozza; gli istinti distruttivi di Goethe, che nelle Affinità elettive vuole applicare le leggi naturali al mondo umano e scopre le “forze spaventose che ci assaltano”. E poi, le infinite incarnazioni di Balzac, spia, ladro, poliziotto e giudice delle sue creature; l’invincibile riserbo di Hawthorne, dalla fantasia lieve, disse James, “come l’ala che nella sera autunnale sfiora la finestra buia”; la geometrica ed enigmatica intelligenza di Manzoni; il folle riso e le incursioni nelle tenebre di Dickens; l’umor nero e la sconfinata pietà di Dostoevskij; la bêtise di Flaubert e I”ignoto paese della morte” di Tolstoj. Alla fine del viaggio, Stevenson e James: i brillii, la velocità, la giovinezza intangibile e la grazia perfetta del primo, “una figura divina, mascherata da scrittore”; le ombre, gli indugi, l’inesauribile curiosità e gli aerei labirinti verbali del secondo, “un uomo incantevole, che soffro di non avere conosciuto”. E, a suggello, le discese di Freud nell’Ade, nelle notti in cui scriveva l’Interpretazione dei sogni e fondava una scienza nuova: nata non nel laboratorio sperimentale di uno scienziato, ma dal “sogno cosmico di uno stregone moderno, che indossava senza saperlo le vesti di uno stregone antico”. I saggi sono legati da un filo continuo. Balzac, Poe, Dumas, Hawthorne, Dostoevskij, Stevenson, James e quasi tutti i romanzieri dell’Ottocento sono attratti da una immagine: quella del Male Assoluto. Non il piccolo, tedioso male della realtà quotidiana: ma l’incanto che diffondono le grandi ali nere, ancora bagnate di luce, di Satana e degli angeli decaduti. Nel cuore del diciannovesimo secolo Satana risorge; compie sino in fondo la sua esperienza tremenda; esercita il fascino irresistibile di Stavrogin nei Demòni; seduce, corrompe, uccide. Sta per identificarsi col Tutto; e nel momento di diventarlo, rivela di non essere altro che il Vuoto – quel “vuoto gelido e vertiginoso, illimitato e senza confini”, che domina la coscienza moderna. ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.