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Il mestiere di vivere 1935-1950. Pavese Cesare. Einaudi, 1990.

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Descrizione

Einaudi (Supercoralli); 1990; 9788806118631 ; Rilegato con sovracoperta ; 22,5 x 14,5 cm; pp. LXX-518; Nuova edizione condotta sull’autografo a cura di Marziano Guglielmietti e Laura Nay. Prima edizione nella collana. Ill. b/n. ; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi (senza mancanze nè lacerazioni), interno senza scritte; Molto buono, (come da foto). ; Tenere un diario e riserbarne l’accesso a sé, è stato da sempre un progetto di Cesare Pavese. A poco meno di vent’anni, trascrive in bella copia i Frammenti della mia vita trascorsa, che qui vengono alla luce la prima volta. Trapelano già, ossessive, le dominanti della sua maniera di trasfigurare il mondo e gli altri: l’Amore, la Morte (il suicidio), l’Arte. Il confino politico, nel ’35-36, a Brancaleone, favorisce il rivelarsi di Pavese a se stesso in un diario vero e proprio. Comincia qui, e non si arresta fino a pochi giorni dalla morte (1950), Il mestiere di vivere. Ha tuttora ragione Calvino nel definirlo cosí: «il diario di Pavese è insieme la ricerca d’una tecnica poetica e d’un modo di stare al mondo». Ma prima di lui Sergio Solmi si era posto una domanda che faceva appello, quasi, alla conoscenza materiale e formale del Mestiere di vivere: « Giungeremo a dire che Pavese ha esercitato per lungo tempo una instancabile auto-terapia dell’anima?» L’attuale edizione del Mestiere di vivere, condotta sul manoscritto autografo (e fittamente commentata), rivela anche graficamente il sorgere, piuttosto, e il maturare di uno stile dell’interiorità. Esso è frutto di una lenta conquista, ottenuta al di là degli anni ’37-38, quando, come dimostrano i segmenti del diario offerti ora non alla curiosità occasionale, ma alla simpatia intellettuale del lettore, l’Amore si coniuga con la Morte, prende il sopravvento sull’Arte, e la personalità dell’artista rischia di distruggersi. A superare questa crisi, concorre quasi subito, e si accresce in seguito, la preoccupazione di offrire di sé il ritratto adeguato di uno scrittore apparso, nel frattempo, «nuovo» (Lavorare stanca, raccolta non ermetica, è del ’36): uno scrittore tecnicamente incontentabile, e culturalmente inquieto. Pavese sapeva di provenire dal mente incontentabile, e culturalmente in- quieto. Pavese sapeva di provenire dal « Piemonte »: una regione ancora lontana dalle capitali della cultura nazionale. In Piemonte, a Torino, lavorando all’Einaudi, Pavese legge e discute Bergson, Freud, Nietzsche, ma anche esistenzialisti minori, ed apologeti della religione cattolica; in particolare, scopre e prosegue i moderni mitologi (Lévy-Bruhl, Frazer). Il diario, forma rara nella nostra letteratura, è il testimone primo di questa «difesa contro le offese della vita»; ma è anche il luogo cui affidare la confessione ultima, quando diviene impossibile vergare «parole », « scrivere» insomma, e s’impone un «gesto». In un diario, del resto, la cessazione dello scrivere e il suicidio coincidono di necessità. MARZIANO GUGLIELMINETTI LAURA NAY ; Spedizione veloce con BRT. L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.