La solitudine del satiro. Flaiano Ennio. Rizzoli, 1973.

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Descrizione

Rizzoli (Opere di Ennio Flaiano.); 1973; Noisbn ; Rilegato con titoli al dorso, sovracoperta; 22,5 x 15 cm; pp. 232; A cura di Giulio Cattaneo e Sergio Pautasso. Prima edizione. ; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi della sovracoperta ( piccole imperfezioni, MANCA triangolino prezzo), interno senza scritte; Buono, (come da foto). ; LA SOLITUDINE DEL SATIRO, cioè la solitudine dello scrittore satirico («l’altro è Orazio satiro che vène »): é il titolo arguto e malinconico, con uno spruzzo di sale italico, dato da Ennio Flaiano a questo libro, di cui aveva raccolto il materiale, e che ora esce con qualche piccolo taglio e integrazioni minime. Nel corso del volume, tino alle battute dell’intervista aggiunta dai curatori, si torna su questo tema dell’isolamento: «Appartengo alla minoranza silenziosa». « É probabile che io sia un antico romano che sta qui, dimenticato dalla storia, a scrivere delle cose che gli altri hanno scritto molto meglio di me: Catullo, Marziale, Giovenale. » L’intervista, concessa dallo scrittore due settimane prima della morte, riprende con toni quasi negligenti, ma anche intensi e toccanti, alcuni temi della Solitudine del satiro: il « mistero continuo nel sottosuolo e nella superficie di Roma», l’avversione per la tecnologia e i feticci del nostro tempo, la protesta satirica, la noia, « l’amore che comincia da sé e va verso gli altri ». Il libro raccoglie in gran parte articoli ma si presenta essenzialmente come l’opera di un narratore perché tutta la materia, comprese le osservazioni di costume e i giudizi letterari, coagula sempre in un racconto. Dai “Fogli di via Veneto”, dove l’autore ha utilizzato con un montaggio abilissimo scritti di « vari momenti», alla girandola dei “Taccuini d’occasione”, tutto assume un serrato ritmo narrativo e si muta in immagine, in scena, quasi sempre nel teatro vivente di quella Roma santa, Roma del diavolo» colta nei suoi aspetti più vistosi e pittoreschi come nelle pieghe quasi invisibili della realtà. Ora siamo nella via Veneto della “dolce vita” che non ha tuttavia nulla di comune con quel “gongorismo” di Fellini che « fa pensare al museo delle cere, alle immagini dei quaresimalisti quando descrivono la carne che si corrompe e imputridisce ». Flaiano non ha bisogno di amplificazioni ma mette in risalto tutto quello che vede, senza averne l’aria, con una scrittura delicata e pungente. Dalla facciata di via Veneto, smagliante di mille forme e di mille apparenze», si passa ai « cortili tetri, alti, viscidi, abitati da gatti» che sono il suo retroscena: in poche righe la storia di una celebre strada conclusa nell’atmosfera smorta di uno squallido naufragio. Tutto un rampollare di trovate, di analogie brillanti… ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.