Descrizione
Mazzotta Editore (Cultura e classe 11.); 1975; Noisbn ; Copertina flessibile ; 20,5 x 15 cm; pp. 382; Traduzione di Ettore Zelioli. Prima edizione nella collana. Volume con 18 tavv a col. e 149 tavv b./n. Numerose fotografie. ; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi (senza mancanze nè lacerazioni, piccole imperfezioni), firma e data a biro alla prima pagina, interno senza scritte, presente “l’errata corrige” di pag 31 con il testo mancante, segni di lettura al dorso, volume lievemente brunito; Accettabile (come da foto). ; Con la fine del Terzo Reich i suoi prodotti artistici sono stati colpiti in larga misura da tabú. Questo vale in particolare per la pittura del periodo 1933 – 1945; quanto resta di essa non è piú in circolazione; si trova presso privati o in depositi non accessibili al pubblico. Questa circostanza potrebbe indurre a ritenere che quei dipinti siano in effetti gli inquietanti prodotti di una presunta «rivoluzione bruna», che il radicale mutamento sulla scena artistica sia l’adeguata espressione di rapporti strutturali di base altrettanto radicalmente, rivoluzionariamente», trasformati. Ma, come la presa del potere non rappresentò affatto un’autentica rivoluzione, cosí anche l’arte nazista fu tutt’altro che un fenomeno rivoluzionario. Essa fù – è la sorprendente conclusione di questo libro – esattamente l’opposto: nelle persone come nella tematica la pittura nazista rappresenta il diretto prolungamento dell’accademismo tradizionale, che sotto l’urto dell’arte moderna era stato respinto nel sottofondo della storia dell’arte, nell’area della trivialità. Berthold Hinz analizza dapprima la lotta condotta a livello sia organizzativo sia ideologico contro l’arte moderna, bollata come arte «degenerata» o come l’arte degli ismi del bolscevismo culturale. In seguito alla sua liquidazione, restavano in campo la vecchia pittura «dei generi» e i suoi rappresentanti, che vennero immediatamente assunti per dar corpo all’Arte del Terzo Reich». Ad essa fu eretta a Monaco, quale tempio dell’ «Arte eterna», la «Casa dell’Arte Tedesca», che, nonostante le pretese del regime, grazie alle annuali «Grandi Esposizioni (-Mercato) d’Arte Tedesca» aveva assunto piuttosto il carattere di un mercato coperto dell’arte. Venne promossa una pittura che si richiamava a modelli ereditati dal XVII e dal XIX secolo. Ma titoli come Segnale di sveglia, Naiade alla fonte, Dalla fucina della Germania oppure Strade del Führer, che dovevano nobilitare contenuti pittorici dalla triviale oggettività, denotano la tendenza antirealistica, in veemente ascesa nel corso dei dodici anni di regime nazista. La «intelligibilità della rappresentazione, che veniva intenzionalmente sbandierata in contrapposizione alla perseguitata arte moderna, doveva distruggere la coscienza della realtà negli uomini: dal momento che un’estrema deformazione dell’elemento obiettivo era diventata «realtà», occorreva imprimere un’analoga e correlativa deformazione all’elemento soggettivo, affinché la realtà non venisse piú percepita. ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.