L’arte di perdere. Elizabeth Bishop. Rusconi, 1982.

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Descrizione

Rusconi (collana di poesia 31); 1982; Noisbn; Copertina flessibile con risvolti ; 20 x 12,5 cm; pp. 234; A cura di I. Rabatti. Traduzione di M. Guidacci . Prima edizione. ; leggeri segni d’uso alla copertina, interno buono con qualche raro segno a matita, volume lievemente brunito. Ex-libris alla seconda di copertina; Buono (come da foto). ; Elisabeth Bishop, di cui presentiamo, per la prima volta in Italia, un’ampia scelta, con introduzione, traduzione e note di Margherita Guidacci, occupa un posto a sé nella storia della poesia americana del secondo Novecento in cui e Indubbiamente una delle figure maggiori. Pure appartenendo cronologicamente alla generazione cosiddetta confessionale, che ha riportato in primo piano il “privato”, la Bishop si distingue per una particolare discrezione e riserbo, quello che il poeta messicano Octavio Paz ha chiamato in lei il potere della reticenza. Reticenza, discrezione e riserbo non le impediscono tuttavia di esprimere una profonda umanità, visibile in certi indimenticabili “ritratti” che si trovano nei suoi versi. I modelli di questi ritratti sono presi a tutte le latitudini, come i superbi paesaggi di cui si sostanzia così gran parte della poesia della Bishop: questa poetessa è stata, infatti, un’infaticabile viaggiatrice, dalle zone subartiche a quelle tropicali, dai grandi centri culturali degli Stati Uniti e dell’Europa alla natura vergine delle Galápagos, dell’Amazzonia o del Mato Grosso. Lo spazio è una componente fondamentale della sua poesia, e generalmente assume e risolve in sé gli stessi valori temporali. Osservazione puntigliosa della realtà e libero gioco immaginativo, alacrità di tutti i sensi e lucidità intellettuale, esattezza di descrizione e improvvise svolte epifaniche, ricchezza e novità d’immagini, varietà di toni (da sottolineare una finissima e personalissima qualità d’ironia) sono i più evidenti pregi di questa poesia. Essa s’impone anche per la costante maestria formale, sia che la Bishop si affidi al verso libero (ma con quale potente sostrato ritmico), sia che si cimenti con le più ardue forme di un’antica tradizione, quali la sestina e la “villanelle” in cui raggiunge alcuni dei suoi risultati più splendidi. ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.