Descrizione
Einaudi (Saggi 813.); 1997; 9788806141622; Copertina flessibile con sovracoperta; 21,5 x 15,5 cm; pp. X-265; Traduzione di Enrico Basaglia. Ill. b./n. ; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi (piccole imperfezioni), interno senza scritte, timbro ex-libris, volume lievemente brunito; Buono, (come da foto). ; Il cavaliere e il guerriero, il ginnasta e l’eroe, il pilota militare, «l’uomo nuovo» nazista e fascista, ma anche l’operaio, il socialista, il boy-scout, Rodolfo Valentino o John Wayne. Per quanto molteplici e diverse siano le immagini della virilità, comune e costante nel tempo è l’ideale a cui tutte si ispirano. Forte, coraggioso, audace, ma anche onesto e cortese, il «vero uomo» deve possedere forza di volontà e senso dell’onore, sopportare il dolore senza un lamento, tenere le passioni sotto controllo e non versare mai lacrime. E, soprattutto, deve aver cura del proprio aspetto fisico: è nell’armonia del corpo che si rispecchiano le qualità dell’anima. Proprio la decisa insistenza sulla cura e sulla bellezza del corpo maschile rappresenta il tratto forte della mascolinità moderna, ciò che la distingue dagli ideali virili precedenti e che caratterizza il cammino di affermazione (e istituzionalizzazione) del suo stereotipo. Nato a fine Settecento, quando le tesi di Leclerc de Buffon, la fisiognomica di Lavater e l’opera di Winckelmann rinvigoriscono l’antico detto: «mens sana in corpore sano» e affermatosi nell’Ottocento, questo stereotipo positivo gioca un ruolo di primo piano nella costruzione dell’idea di nazione e nell’edificazione dei simboli forti del nazismo e del fascismo come dei socialismi reali. Sviluppandosi poi, senza sostanziali cambiamenti, fino ai nostri giorni quando, per la crescita dei movimenti antirazzisti, femministi e omosessuali, si trova ad affrontare la crisi forse piú difficile. ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.