Descrizione
Adelphi (Fabula 1.); 1985; Noisbn ; Copertina flessibile con risvolti ; 22 x 14 cm; pp. 318; Traduzione di Antonio Barbato. Ottava edizione agosto 1985. ; Presenta segni d’uso ai bordi (senza mancanze nè lacerazioni), imperfezione da caduta all’angolo, interno con dedica a biro alla prima pagina bianca, volume lievemente brunito; Accettabile (come da foto). ; Protetto da un titolo enigmatico, che si imprime nella memoria come una frase musicale, questo romanzo obbedisce fedelmente al precetto di Hermann Broch: «Scoprire ciò che solo un romanzo permette di scoprire». Questa scoperta romanzesca non si limita all’evocazione di alcuni personaggi e delle loro complicate storie d’amore, anche se qui Tomáš, Tereza, Sabina, Franz esistono per noi subito, dopo pochi tocchi, con una concretezza irriducibile e quasi dolorosa. Dare vita a un personaggio significa per Kundera « andare sino in fondo a certe situazioni, a certi motivi, magari a certe parole, che sono la materia stessa di cui è fatto». Entra allora in scena un ulteriore personaggio: l’autore. Il suo volto è in ombra, al centro del quadrilatero amoroso formato dai protagonisti del romanzo: e quei quattro vertici cambiano continuamente le loro posizioni intorno a lui, allontanati e riuniti dal caso e dalle persecuzioni della storia, oscillanti fra un libertinismo freddo e quella specie di compassione che è « la capacità massima di immaginazione affettiva, l’arte della telepatia delle emozioni». All’interno di quel quadrilatero si intreccia una molteplicità di fili: un filo è un dettaglio fisiologico, un altro è una questione metafisica, un filo è un atroce aneddoto storico, un filo è un’immagine. Tutto è variazione, incessante esplorazione del possibile. Con diderotiana leggerezza, Kundera riesce a schiudere, dietro i singoli fatti, altrettante domande penetranti e le compone poi come voci polifoniche, fino a darci una vertigine che ci riconduce alla nostra esperienza costante e muta. Ritroviamo così certe cose che hanno invaso la nostra vita e tendono a passare innominate dalla letteratura, schiacciata dal loro peso: la trasformazione del mondo intero in una immensa «trappola», la cancellazione dell’esistenza come in quelle fotografie ritoccate dove i sovietici fanno sparire le facce dei personaggi caduti in disgrazia. Esercitato da lungo tempo a percepire nella « Grande Marcia» verso l’avvenire la più beffarda delle illusioni, Kundera ha saputo mantenere intatto il pathos di ciò che, intessuto di innumerevoli ritorni come ogni amore torturante, è pronto però ad apparire un’unica volta e a sparire, quasi non fosse mai esistito. L’insostenibile leggerezza dell’essere, pubblicato nel 1984, è stato accolto ovunque con entusiasmo. Italo Calvino ha definito questo romanzo «il vero avvenimento dell’anno nel campo del romanzo su scala mondiale». Milan Kundera è nato a Praga. Le altre sue opere sono: Lo scherzo (di prossima pubblicazione presso Adelphi), La vita è altrove, Il valzer degli addii, Il libro del riso e dell’oblio e la raccolta di racconti Amori ridicoli. L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.