Descrizione
Sansoni ; 1982; Noisbn ; Rilegato con titoli al piatto e dorso, sovracoperta; 28 x 20 cm; pp. 386; Volume con 109 ill. b./n. e 24 tavv a col. ; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi (sovracoperta con macchia d’umidità), volume saldo, interno ottimo; Accettabile (come da foto). ; A peste, fame et bello libera nos Domine. La guerra è uno dei quattro cavalieri dell’Apocalisse. L’odio e la paura la circondano. E una grande nemica dell’uomo. Eppure, è anche una sua fedele compagna. Ormai nessuno crede più nella storia come storia di guerre e di conquistatori, come histoire-bataille: ma il fatto stesso che la storia, anche la più grande’, abbia potuto tanto a lungo essere essenzialmente ritenuta – e raccontata come una storia di conflitti, ha un significato profondo. E oggi, mentre si abbandona o si mette da canto (salvo magari poi recuperarla) la storia dei fatti, ecco la guerra riemergere come protagonista della dinamica del genere umano sotto altre spoglie: eccola ripresentarsi attraverso la storia delle tecnologie e della vita quotidiana; eccola riproporsi nella storia dei ritmi profondi dell’esistenza, magari non più come storia dei trionfatori ma come storia dei vinti e della loro tragedia, delle vittime e del loro silenzio. C’è stato perfino chi l’ha esaltata, dai trovatori che l’hanno descritta come un Bel Maggio fino a chi l’ha chiamata ‘giovane e fresca’. Estetismo? Religio mortis? Il fatto è che la guerra è profondamente connaturata al tessuto della storia, così come sembra esserlo – e ben lo sanno gli antropologi – a quello costitutivo di molte culture tradizionali. Johan Huizinga ne ha rilevato il carattere ‘ludico’; Roger Caillois ha potuto parlarne come di una ‘festa’; Konrad Lorenz ne ha riconosciuto i tratti in alcuni aspetti del comportamento animale; negli ultimi decenni è nata una nuova scienza – la polemologia – per studiarla… ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.
