Sangue nero. Louis Guilloux. Feltrinelli, 1982.

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Descrizione

Feltrinelli (Biblioteca Narratori Feltrinelli 7.); 1982; Noisbn ; Rilegato con titoli al piatto e dorso, ; 22,5 x 14 cm; pp. 534; Prefazione di Goffredo Fofi. Traduzione di Liliana Magrini. Prima edizione nella collana. ; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi (senza mancanze nè lacerazioni, piccole imperfezioni), interno senza scritte; Buono, (come da foto). ; La città è innanzitutto la bêtise borghese. Nella descrizione della stupidità, pochi scrittori, dopo Flaubert e certo Gide, sono riusciti ad andare oltre. La galleria è vasta, terribile, esilarante: il Signor Sindaco mangione, che passa ogni mattina a consegnare personalmente ai cittadini le lettere che annunciano la morte dei loro figli in guerra; i professori, i notabili, aristocratici o borghesi o piccolo-borghesi, gli aspiranti piccolo-borghesi come il rozzo Basquin e dieci altri. Il mondo come infinito grottesco, come parata di imbecillità, alla cui base sono l’avidità, la smania di apparire, il cinismo. La provincia francese è stata descritta con occhi cupi e nerissimi da molti contemporanei di Guilloux: basti pensare a Mauriac, a Julien Green, a Bernanos, al Sartre di La nausea. Ma l’insegnamento flaubertiano rare volte si è spinto piú avanti: l’imbecillità borghese rare volte è stata descritta con uguale virulenza e aggressività. Con una vis comica di cui troviamo l’eco nel giovane Queneau, in Aragon, in certi personaggi minori della Nausea, nello stesso Céline, negli insegnanti e nelle autorità di Zero in condotta di Vigo, nel Pràevert del Diner de têtes. Bouvard e Pécuchet, ombre immortali e destinate a eternamente riprodursi tra noi, sono passati di qui, hanno attraversato la letteratura francese e non solo quella, lasciandovi un segno indelebile. Ma non ci sono solo i loro figli e allievi, in Sangue nero. Ci sono anche le ombre notturne, i personaggi da allucinazione espressionistica, i figli di Hoffmann. La Blatta e la gobbina col cane sono padroni della notte, e la giovane scema Henriette, gli istitutori Moka detto “chi è Dio?” e Glâtre detto “il signor Abate” si avviano a diventare loro seguaci. Con loro, attraverso Dostoevskij e Hoffmann, il romanzo acquista la sua dimensione notturna, da incubo. “Non c’è arte senza fantastico. Diciamo meglio (e il risultato è lo stesso): quel che mi piace in Sangue nero è che esso offre di che perder piede” (Gide, nei Diari del 1935). Goffredo Fofi; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.