Descrizione
Il Saggiatore (La cultura LXXXVII); 1964; Noisbn ; Copertina flessibile ; 21 x 00,5 cm; pp. 710; . Traduzione di Luisa Pavolini. Prima edizione. 32 tavv, fotografie b/n. fuori testo. ; Presenta leggeri segni d’uso ai bordi (piccole imperfezioni, scoloriture, sbucciature), interno senza scritte, lievemente bruniti; Accettabile (come da foto). ; Il cinema giunse in Russia per la prima volta nel occasione della incoronazione di Nicola II nel maggio 1896, in che la troupe della Lumière fu autorizzata a riprendere. Di qui prende le mosse questo volume, che si chiude sul 1927, decimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, per la cui celebrazione Pudovkin preparo La fine di San Pietroburgo e Eisenstein Ottobre. Jay Leyda non vede alcuna soluzione di continuità tra cinema russo e cinema «sovietico»: prima della Rivoluzione esisteva già uno stile definito e una attivissima scuola di cinematografia, che a pochi anni di distanza, nel nuovo clima delle mutate condizioni storiche, avrebbe prodotto alcune delle maggiori personalità del cinema di tutti i tempi. Nel 1918-19 non vi era nelle coscienze una netta divisione tra passato e futuro: il presente si delineava come un connubio di ambedue. Gli anziani avevano l’abilità tecnica e la fantasia; i giovani approfondivano la meditazione teorica sulle possibilità espressive insite nell’arte del film. La fioritura di capolavori degli anni venti è sì il frutto della fervidissima vita culturale che caratterizzò la nascita del nuovo stato socialista; ma è anche il culmine di un’operosità che già da tempo vantava risultati fecondi. Le numerose testimonianze che arricchiscono il volume, lungi dal costituire un appesantimento della lettura, ne assicurano la vivacità e l’interesse anche per il lettore non specialistico: ad esempio, la divertita narrazione della “caccia” a Tolstoj da parte dei cineoperatori del- l’epoca, che pure porta una precisa luce sulle prime reazioni al nuovo mezzo. Oppure il racconto per bocca dello stesso Eisenstein delle cause per cui il progettato film Il 1905 si trasformò nella Corazzata Potemkin, e la fortuita nascita della famosa scena della scalinata di Odessa. Sul 1928, l’anno che vide attivamente al lavoro Eisenstein, Pudovkin, Dovženko, Dziga Vertov, Kozintsev Trauberg, Esther Sciub, Ermler e tanti altri, si apre il secondo volume di questa opera che, avvalendosi anche della esperienza diretta che Leyda ebbe del cinema sovietico dal 1933 al 1936 in qualità di studente ed assistente alla regla in Unione Sovietica, ci conduce attraverso una storia non mai idealizzata, che non ha timore di riportare anche episodi poco edificanti perché le tinte rosee non rendono giustizia né agli uomini né alle loro opere fino al 1948, l’anno della morte di Eisenstein. Qui si arresta, volutamente, la trattazione critica vera e propria: il decennio 1948-58 è esaminato da un punto di vista generale e sotto forma di conclusione. Scomparse le grandi personalità, a volte dopo un silenzio di anni, molti valenti registi sono ancora al lavoro mentre si fanno strada le giovani leve: ma la loro opera già porta il segno di due avvenimenti gravidi di conseguenze anche per lo sviluppo dell’arte cinematografica: la morte di Stalin e il rapporto di Khrusciov al XX Congresso del Partito comunista sovietico. Così, percorrendo un cammino di oltre mezzo secolo, Jay Leyda accompagna il lettore sino alla nuova epoca che l’Unione Sovietica vive nei presenti anni. Frutto di un lunghissimo lavoro, tanto tenace quanto appassionato, la sua opera è indispensabile a chiunque voglia rendersi pienamente conto delle ragioni, della natura e dei limiti di una fra le più complesse esperienze artistiche della nostra età. Per ricchezza di informazione, solidità di struttura, rigore di giudizi critici, questa monumentale Storia del cinema russo e sovietico non teme d’esser posta al paragone con i classici della storiografia culturale contemporanea. ; L’immagine se disponibile, corrisponde alla copia in vendita.